La linea di confine è fissata al mese di marzo. Da allora, infatti, sarà disponibile in Italia la pillola abortiva RU486, da tempo ormai al centro di polemiche e dibattiti. Ad oggi la pillola è già in commercio in Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Francia, Grecia, Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Svizzera, Stati Uniti, Cina e Australia. Nel nostro Paese la richiesta di autorizzazione è stata inoltrata dall’Agenzia Italiana del Farmaco lo scorso novembre (sono necessari di norma quattro mesi per approdare definitivamente in commercio).
Cosa cambierà per le donne che decidono per un’interruzione volontaria di gravidanza? Al contrario di quanto molti pensano, non sarà possibile acquistare la pillola nelle farmacie, ma sarà necessario recarsi in ospedale o in clinica. L’assunzione della pillola deve avvenire entro la settima settimana dal giorno dell’ultimo ciclo mestruale: alla paziente vengono somministrate tre pillole RU486 – che agisce bloccando l’azione del progesterone, indispensabile per lo sviluppo della gravidanza - e una prostaglandina che favorisce le contrazioni dell’utero e l’espulsione dei tessuti embrionali e può poi tornare a casa. La paziente dovrà tornare in ospedale due giorni dopo e lì riceverà altre due pillole di prostaglandina e rimanere in osservazione per un paio d’ore. Nella maggior parte delle pazienti le contrazioni e l’espulsione avvengono durante queste ore trascorse in ospedale, per le altre qualche ora dopo a casa.
Attualmente, invece, l’interruzione di gravidanza avviene chirurgicamente con intervento condotto in anestesia locale o generale e un giorno di degenza.
Nonostante in Italia l’aborto farmacologico verrà approvato e regolamentato solo dal prossimo marzo, da una recente indagine è emerso che già in ventisei strutture ospedaliere del Nord e del Centro, negli scorsi due anni, duemila donne hanno interrotto la gravidanza con l’aborto chimico. Come è possibile? Sarebbe tutto legale, spiegano i medici. Se un paziente richiede espressamente di acquistare un farmaco dall’estero, la legge permette che ciò avvenga e così molte donne hanno già utilizzato questo metodo, usato da anni da milioni di donne in tutto il mondo. E questo piccolo campione di pazienti sarebbe anche servito per capire l’impatto fisico ed emotivo che la pillola RU486 avrebbe sulle pazienti: da un’indagine condotta presso l’ospedale di Pontedera è risultato che il 99% delle pazienti che ha abortito farmacologicamente lo ha considerato un metodo accettabile, da consigliare alle amiche.
Naturalmente il dibattito è più che mai aperto: la pillola RU486 favorirà un aumento del numero di aborti? Gli esperti non ne sono affatto convinti, indipendentemente dal fatto che la scelta di abortire viene sempre vissuta dalla donna con grande consapevolezza e non risulti affatto semplice, la pillola non si troverà in vendita in tutte le farmacie, ma ci si dovrà necessariamente rivolgere al medico e in ospedale.
Ma non è tutto: l’arrivo della pillola abortiva ha riaperto un dibattito che sembrava ormai chiuso, quello su una revisione della legge 194 sull’aborto.
Chiamata ad esprimersi su questo tema, il Ministro della Salute Livia Turco ha difeso la legge 194 in quanto “saggia, lungimirante, attuale e capace di coniugare responsabilità della donna e responsabilità del medico di fronte a decisioni di massima importanza”, ricordando che dal 1981 ad oggi si è registrata una diminuzione dell’aborto pari al 60% e ha richiesto al Consiglio Superiore di Sanità di rispondere a tre quesiti in tema di aborto: il CSS sarà chiamato a fornire indicazioni specifiche sulla definizione di possibilità di vita autonoma del feto, di chiarire sulle modalità di uso della pillola RU486 nel rispetto della legge 194 e di fornire indicazioni per le cure perinatali per i neonati prematuri.
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