La vaccinazione terapeutica dovrebbe permettere la convivenza dell'organismo infettato con il virus tale da renderci "portatori sani"della malattia
Parte da Brescia la sperimentazione sugli esseri umani del vaccino terapeutico contro l'HIV. Il via libera arriva dall'Istituto Superiore della Sanità, dopo il superamento della fase preclinica, quella in cui la sostanza in procinto di essere sperimentata sull'uomo è stata prima sottoposta ad un lungo periodo di studio in laboratorio.
La sostanza è risultata non tossica ed efficace, per cui è ora possibile iniziare la prima fase clinica.
Sarà Enrico Garaci, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, ad annunciare l'avvio della sperimentazione in un incontro scientifico in programma per il 27 marzo alla Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Brescia.
La sperimentazione di fase 1 su una ventina di pazienti, sarà curata, per la ricerca, dal prof. Arnaldo Caruso, ordinario di microbiologia dell'Università e responsabile del Reparto di Microbiologia pediatrica dell'Ospedale Civile, e per la clinica del prof. Giampiero Carosi, direttore dell'Istituto di Malattie infettive e tropicali dell'Università e del Dipartimento Malattie infettive del Civile.
"Studi effettuati dalla mia équipe hanno chiaramente dimostrato come la proteina di matrice del virus HIV, denominata p17, viene rilasciata dalle cellule infette promuovendo la proliferazione del virus e la sua diffusione all'interno del nostro organismo" - spiega Caruso. "Il virus, dopo aver legato la cellula bersaglio ed essere penetrato al suo interno, inizia a replicare. La cellula infettata produce grandi quantità di proteine virali che, in parte, andranno a formare nuovi virus e, in parte, verranno rilasciate nel microambiente extracellulare. Fra queste, vi è la p17 che, interagendo con una molecola espressa sulla superfice di altre cellule bersaglio del virus HIV, le attiva rendendole più suscettibili all'infezione e predisponendole a sostenere una ottimale replicazione virale".
Il prof. Arnaldo Caruso spiega che "se questa proteina venisse a mancare, il virus troverebbe un numero nettamente inferiore di cellule attive e, quindi, capaci di sostenere la replicazione. Una volta che il virus entra nell'organismo, vengono prodotti anticorpi verso zone non funzionali della p17. La proteina p17, infatti, ha un sito attivo molto specifico che non viene riconosciuto come immunogeno (sostanza in grado di provocare una risposta immune, ndr) dal sistema immunitario e, quindi, non attaccato da anticorpi".
A cosa serve la vaccinazione?
Essa ha il ruolo di inoculare nel paziente la sola porzione attiva della p17 resa immunogenica, cioè in grado di promuovere la formazione di specifici anticorpi, attraverso il legame con una proteina trasportatrice. La presenza degli anticorpi diretti verso la porzione funzionale della p17 ne bloccherà l'attività biologica.
"Il risultato finale atteso - continua Caruso - è quello di rallentare enormemente la capacità del virus di replicare e diffondersi nel nostro organismo. L'obiettivo finale della vaccinazione terapeutica, volta appunto ad arginare l'attività biologica della p17, è quindi la convivenza del nostro organismo con il virus dell'AIDS, promuovendo quella condizione clinica, non nuova ad altre infezioni virali, che permette di definire il paziente con il termine di portatore sano".
La ricerca, che porta alla sperimentazione in fase 1 del vaccino terapeutico per bloccare l'attività biologica del virus HIV, nasce da un'idea italiana ed è stata sviluppata interamente a Brescia.
Gli studi clinici volti ad appurare la sicurezza e l'immunogenicità del vaccino si svolgeranno, oltre che all'Istituto delle malattie Infettive del Civile, anche in altri tre centri a Milano, Torino e Perugia.
Terminata la prima fase di studio clinico - che durerà sei mesi ed inizierà probabilmente già prima dell'estate - a fronte di risultati positivi, si procederà ad effettuare la seconda fase di sperimentazione, volta a valutare l'efficacia del vaccino sull'uomo ed applicata, come prevede il protocollo, ad un ampio gruppo di pazienti. La terza ed ultima fase consiste in uno studio multicentrico con la sostanza inoculata ad un campione il più vasto possibile di persone.
Il vaccino che viene sperimentato a Brescia è definito terapeutico perchè è somministrato a persone già infette, anche se nella fase in cui il virus HIV è ancora asintomatico o, comunque, all'inizio della sua aggressionenei confronti dell'organismo. Dunque, un'ulteriore arma, quella del vaccino, per controllare l'evoluzione di una malattia che, malgrado l'evoluzione terapeutica degli ultimi anni, è ancora molto temibile.
sabato 15 marzo 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento