Verona - C'e' la mutazione di alcuni geni specifici dietro il rischio di infarto. In particolare si tratta di una serie di geni protrombotici, responsabili cioe' del processo di coagulazione, che se alterati espongono i soggetti portatori ad un elevato rischio di infarto del miocardio. Lo rivela uno studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista PLoS ONE, e' stato realizzato dall'equipe del professor Roberto Corrocher, direttore di Medicina Interna del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'ateneo veronese, con il contributo dei colleghi di Genetica Medica della Facolta' di Medicina e del professor Francesco Bernardi dell'Universita' di Ferrara.
L'originalita' del lavoro consiste nell'aver indagato gli effetti combinati dell'alterazione (polimorfismi) di una serie di geni normalmente codificati per le proteine della coagulazione. Studi precedenti si erano infatti concentrati solo sullo studio di singole mutazioni di singoli geni. Lo studio ha dimostrato che il rischio di infarto e' tanto maggiore quanto piu' alto e' il numero dei geni protrombotici alterati presenti nello stesso individuo, arrivando a raggiungere, nella situazione piu' sfavorevole, un incremento del rischio fino a sei volte maggiore.
La ricerca, nell'arco di cinque anni, ha sottoposto ad esame 804 soggetti, 489 dei quali con severa malattia coronarica, comprovata per via angiografica, i restanti con coronarie sane. Di questi 489, 307 erano infartuati, 182 senza episodi di infarto al miocardio. Lo studio ha dimostrato come con l'aumentare del numero di geni sfavorevoli aumentasse linearmente anche il rischio di infarto. Rispetto a soggetti con 3-7 geni alterati, quelli con un numero minore di 2 presentavano un rischio diminuito, mentre in quelli con un numero di geni alterati maggiore di 7 si e' riscontrato un corrispettivo aumento del rischio. Partendo dalla pratica clinica per cui, nonostante la presenza di documentata disfunzione coronarica avanzata, solo un sottoinsieme di pazienti sviluppa un infarto acuto durante il loro corso della vita, lo studio ha inteso spiegare le ragioni di questa suscettibilita' all'infarto a partire dalle differenze individuali, ancora poco conosciute.
La ricerca e' di particolare rilievo non solo per una maggiore conoscenza dei meccanismi che determinano l'infarto, ma potra' avere sviluppi sia per la prevenzione che per la cura. Infatti e' possibile ipotizzare l'individuazione in via preventiva dei soggetti particolarmente a rischio di infarto sporadico. In un prossimo futuro questa nuova scoperta potrebbe infine portare alla realizzazione di misure terapeutiche preventive e ''personalizzate'' attraverso studi di farmaco-genomica. La ricerca si e' svolta nell'ambito del piu' ampio progetto ''Verona Heart Study'' cui l'equipe guidata dal professor Corrocher lavora da 12 anni. Un progetto che, grazie al finanziamento del MIUR, della Regione Veneto e della Fondazione Cariverona, studia le interazioni tra fattori ambientali e corredo genetico individuale nell'insorgere delle malattie cardiovascolari. Proprio nell'ambito di questo progetto, qualche mese fa lo stesso gruppo aveva individuato il gene dell'infarto familiare e dell'aterosclerosi precoce. Dopo due anni di collaborazione con il dipartimento di Molecular Cardiology & Cardiovascular Genetics dell'Universita' di Cleveland, l'equipe veronese aveva dimostrato la presenza esclusiva di una variante del cromosoma 1 nei pazienti affetti da infarto miocardio di tipo familiare.
- 15/02/2008
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